Questioni di “Noise”
“Noise”, è il nuovo libro di Daniel Kahneman e dei colleghi Oliver Sibony e Cass R. Sunstein, in cui ci spiegano perché non dovremmo fidarci troppo del nostro giudizio istintivo
Prendiamo le decisioni giuste? Siamo davvero imparziali? Alcune delle possibili risposte sono in “Noise”, l’ultimo lavoro dello psicologo israeliano Daniel Kahneman. Nato a Tel Aviv, il 5 marzo del 1934, Kahneman ha vinto il premio Nobel per l’economia nel 2002 per aver integrato i risultati delle ricerche psicologiche nelle scienze economiche. Il suo lavoro, in particolare, si è concentrato sul giudizio umano e sulla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza, il che lo ha reso uno dei padri fondatori dell’economia comportamentale.
Immaginiamo due medici che danno due diagnosi opposte su pazienti identici, o due giudici che danno pene diverse a persone con lo stesso background e che hanno commesso lo stesso crimine. Perché accade? Possiamo essere più coerenti? C’è un modo per rendere il processo decisionale più logico? Kahneman e i suoi colleghi definiscono “rumore” questa variabilità nei giudizi che dovrebbero essere identici. La sua opinione? “Ce n’è troppo”. Tutto ciò deriva dal fatto che le valutazioni sono totalmente soggettive e non seguono regole esatte. Questa “forza caotica” è sempre presente nelle nostre vite, e in qualsiasi ambito lavorativo in cui sono coinvolti gli esseri umani.
La differenza tra bias e rumore
Che cos’è un bias cognitivo? È la tendenza a creare la propria realtà, non necessariamente corrispondente alla verità esterna. Questa tendenza si sviluppa sulla base del nostro ragionamento soggettivo e sulle informazioni limitate che abbiamo in un dato momento, e può quindi portare facilmente a un errore di valutazione. Se sali su una bilancia e ogni giorno questa sovrastima il tuo peso reale di 500 g, è un bias. Se sali sulla stessa bilancia, e un giorno il tuo peso è sovrastimato di 500 g, mentre il giorno dopo è sottovalutato di 1 Kg e il giorno dopo ancora è sopravvalutato di 700 g allora questo è “rumore”. Detto in parole semplici il bias è regolare e costante, mentre il rumore è casuale. Segue i nostri stati d’animo. Possiamo quindi prendere una decisione diversa a seconda di cosa abbiamo mangiato a pranzo, se qualcuno ci ha fatto arrabbiare o se abbiamo sbattuto il mignolo del piede su uno spigolo. La somma di eventi conseguenziali negativi o positivi esterni, all’apparenza del tutto scollegati tra loro, ci porta a vie di ragionamento differenti. Non ne abbiamo una piena consapevolezza perché nell’insieme sono tutti stimoli minimi.
”La maggior parte delle nostre decisioni”, come dice sempre Brad Klontz, professore in psicologia finanziaria, “è presa dal nostro cervello emotivo”. Nelle sue lezioni alla Creighton University Heider College of Business affronta questo tema: “Abbiamo una corteccia prefrontale, la parte anteriore del nostro cervello adibita al ragionamento logico complesso, relativamente piccola rispetto al grane cervello istintivo che si trova subito sotto”. Brad ci lancia poi un monito: “Quando ci eccitiamo o ci spaventiamo il nostro cervello emotivo interviene facendoci agire come i nostri antenati preistorici”. Lo studio dei bias cognitivi oggi è molto progredito, ma lo stesso non si può dire per il concetto di “rumore”. Il primo è più facile da analizzare e descrivere, mentre il secondo è più difficile da distinguere, ma non per questo meno dannoso.
Cosa possiamo fare al riguardo?
La maggior parte dei professionisti ha un’opinione troppo alta delle proprie convinzioni. Solitamente sono proprio queste persone a non capire maggiormente quanto siano distorti e rumorosi i loro giudizi. Kahneman nel suo libro si sforza di sviluppare un approccio al processo decisionale basato sulle regole e sulla consapevolezza dei processi coinvolti, senza però eccedere nella rigidità mentale: “Dobbiamo riconoscere e accettare che ci saranno cambiamenti nelle regole man mano che la nostra base di conoscenze aumenterà, ed essere aperti a cambiare quelle regole quando i fatti cambieranno: mantenere la mente aperta è necessario”. L’idea non è tanto quella di eliminare la variabilità nel giudizio umano, ma di venire a patti con la sua esistenza e con l’idea che siamo vulnerabili a valutazioni errate. “La consapevolezza e l’umiltà sono la chiave” conclude Brad. Riconoscere che possiamo esprimere un giudizio diverso a seconda dell’ora del giorno è un passo fondamentale per esprimere giudizi migliori.
Commenti recenti