La rivoluzione di Einstein, fra arte e scienza al Maxxi di Roma
Cosa lega Albert Einstein all’arte contemporanea? Che impatto ha avuto la teoria della relatività sul pensiero scientifico attuale?La mostra “Gravity” lo racconta al grande pubblico
Materia oscura, polvere cosmica, onde gravitazionali. Sembrano parole fantascientifiche, invece sono componenti fondamentali dell’universo, che abbiamo imparato a conoscere grazie al lavoro di Albert Einstein. A raccontarlo è “Gravity. Immaginare l’universo dopo Einstein”, una mostra proposta dal Maxxi di Roma, visitabile fino al 29 aprile 2018. La mostra nasce della collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), per la cura della parte scientifica, e con l’artista argentino Tomás Saraceno per la parte artistica.
“Il dialogo fra arte e scienza è una delle frontiere più interessanti della cultura contemporanea” racconta Vincenzo Napolano, comunicatore scientifico dell’INFN e curatore di Gravity. “La ricerca scientifica, come l’arte, rispondono a domande che riguardano l’uomo in generale, e quindi sono domande che riguardano la nostra cultura, il nostro modo di stare al mondo”.
In un buio simile a quello cosmico, il percorso proposto dal Maxxi, coinvolge opere di artisti contemporanei ispirate a contenuti scientifici, come l’esplorazione del cosmo e la ricostruzione della storia dell’universo.
La mostra è scandita da tre tappe concettuali: Spaziotempo, Confini e Crisi. Concetti evocativi, che stimolano l’immaginazione e forniscono chiavi d’accesso per astrazioni filosofiche, oltre che scientifiche.
La sezione Spaziotempo ospita l’opera 3 Stoppages Ètalon, in cui Marcel Duchamp crea la sua personale unità di misura. L’artista francese, lascia cadere tre fili di un metro su tre tele tese e, in seguito, li incolla per preservare le curve assunte dall’atterraggio. Le tre tele, tagliate lungo i contorni dei fili, rappresentano una nuova unità di misura e potrebbero rispondere ai nuovi concetti di spazio e tempo teorizzati da Einstein. Dopo Einstein, infatti, lo spazio e il tempo non sono più realtà separate e assolute, ma grandezze relative e dipendenti da chi le osserva, fuse insieme in un’unica entità: lo spaziotempo.
Confini crea un confronto fra l’osservatore e i limiti, umani e universali. L’occhio umano è spesso rivolto al cosmo, con l’ambizione di delimitarlo, di conoscerlo nella sua totalità. E invece c’è una grossa porzione dell’universo che, inevitabilmente, è esclusa dall’osservazione umana. Questa porzione, detta materia oscura, è una trama che permea il cosmo e rappresenta oltre il 90% dell’intero universo. Gravity fornisce un joystick con il quale è possibile aumentare o diminuire la percentuale di materia oscura presente nella Via Lattea, per osservare il conseguente collasso o espansione della galassia che ci ospita.
L’ultima tappa concettuale proposta è Crisi, un termine che in questo caso ricopre un’accezione positiva. Einstein stesso la definisce “una vera benedizione per qualsiasi persona, per qualsiasi nazione, perché tutte le crisi portano progresso”. “Einstein incarna lo scienziato che più di tutti è in grado di ribaltare una visione del mondo”, aggiunge Napolano. D’altronde, alla base della teoria della relatività, c’è la crisi della meccanica newtoniana, e con questa il crollo di certezze scientifiche durate per tre secoli interi. Ne consegue un animato dibattito che nel 1887 porta gli scienziati statunitensi Michelson e Morley alla costruzione del primo interferometro. Lo strumento, che studia le dinamiche delle onde elettromagnetiche, ha dimostrato come, nel mondo fisico, la velocità della luce è la massima velocità possibile.
Gli interferometri attuali, molto più potenti ma geometricamente simili a quello dei due fisici, hanno di recente confermato l’ultima ipotesi di Albert Einstein: l’esistenza delle onde gravitazionali. La scoperta, a un secolo dalla previsione di Einstein, è stata premiata lo scorso ottobre con il Nobel per la Fisica 2017. All’interno della mostra è possibile osservare lo specchio di Virgo, l’interferometro italiano che ha contribuito alla rivelazione.
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