RNA interference per ridurre il rigetto nei trapianti vascolari
Dall’Università di Hannover arriva una nuova applicazione dell’RNA interference, che permette l’utilizzo di protesi vascolari di donatori riducendo al minimo la reazione immunitaria di rigetto
Un gruppo di ricercatori della Hannover Medical School, guidato da Ulrike Böer, ha messo a punto un metodo innovativo, basato sull’Rna interference (RNAi), che riduce il rigetto nel trapianto di innesti vascolari. Gli innesti vascolari sono protesi usate per ripristinare la funzionalità di un tratto vascolare, soprattutto di arterie, che possono essere creati prelevando cellule dal paziente stesso o ingegnerizzati a partire da tessuti di donatori. I pazienti che soffrono di malattie cardiovascolari spesso non sono in condizioni di salute tali per poter subire la rimozione del tessuto, mentre in caso di donazione vi è il problema della non tolleranza del sistema immunitario per un tessuto estraneo, ovvero il rigetto. Con il metodo messo a punto da Böer e colleghi, pubblicato su Tissue Engineering, questo problema può essere in gran parte risolto.
L’RNAi è un meccanismo di regolazione che avviene naturalmente all’interno degli organismi: piccoli frammenti di Rna impediscono l’espressione di un gene, ovvero la produzione della relativa proteina, appaiandosi all’Rna messaggero (la molecola che trasporta il messaggio, appunto, per codificare la proteina). L’effetto del silenziamento dell’RNAi era già stato osservato negli anni ’80, nelle piante, ma il meccanismo è rimasto oscuro fino al 1998, quando Andrew Fire e Craig Mello lo hanno portato alla luce, aggiudicandosi il premio Nobel per la medicina nel 2006.
Al momento l’RNAi è molto usato per gli studi di genetica, soprattutto per capire le funzioni dei geni. Ci sono molte applicazioni mediche dell’RNAi in fase di sviluppo o sperimentazione, ad esempio per la cura dei tumori, dell’epilessia e della degenerazione maculare. Il gruppo di Böer ha utilizzato l’RNAi nelle cellule endoteliali, le principali componenti dei vasi sanguigni, prelevate da sangue, cordone ombelicale e vene. Silenziando i geni del gruppo chiamato HLA I (Human Leucocyte Antigen I) nelle cellule endoteliali del donatore, i ricercatori sono riusciti a impedire la produzione di un complesso di proteine che andrebbe a stimolare il sistema immunitario del ricevente, provocando la reazione di rigetto. Questo metodo permette l’utilizzo delle cellule dei tessuti del donatore, che essendo sano ne ha in gran quantità, invece di fare dei prelievi nel paziente. Le cellule raccolte vengono ingegnerizzate per creare gli innesti vascolari da trapiantare, mantenendo intatte le caratteristiche e funzioni principali delle cellule endoteliali. Lo studio dimostra infatti che le cellule modificate sono in grado di formare barriere cellulari e produrre i fattori necessari per la coagulazione del sangue.
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