Roald Hoffmann: la scienza parla al pubblico attraverso l’arte
La storia di Roald Hoffmann: scienziato, artista, divulgatore. E premio Nobel per la chimica per aver enunciato le regole che portano il suo nome
Due parole, due mondi solo all’apparenza lontani: scienza e arte. Entrambe fondamentali nella vita di Roald Hoffmann, Nobel per la chimica 1981: “Arte e scienza”, ricorda a proposito di Hoffman Roberta Arrigoni nel libro Chimica e poesia. Identici modi per creare un legame (ed. Castelvecchi, 2018), “sono accomunate dallo sforzo parallelo e complementare di comprendere il mondo dentro e intorno a noi e di mettere in parola i misteri”. I misteri che hanno interessato Hoffman, e che gli sono valsi il conferimento del Nobel assieme al collega giapponese Kenchi Fukui, sono i meccanismi che determinano alcune particolari reazioni chimiche, a proposito dei quali lo scienziato ha formulato le cosiddette “regole di Woodward-Hoffman”,
un insieme di norme che permettono, in chimica organica, di prevedere le proprietà spaziali delle molecole dopo la reazione. Il premio gli è stato consegnato venticinque anni dopo l’inizio dei suoi studi universitari di chimica, prima alla Columbia University e poi ad Harvard, e quarantadue dal giorno della fuga dal campo di concentramento in cui era stato rinchiuso insieme alla sua famiglia dopo che i nazisti invasero la Polonia, dove nacque il 18 luglio del 1937.
La resilienza di Hoffmann iniziò nel 1949, anno in cui, orfano di padre ucciso dai tedeschi, approdò in America in seguito a un lungo pellegrinaggio attraverso Cecoslovacchia, Austria e Germania con il sogno di una vita normale. Oltreoceano portò avanti i suoi studi accademici e poi la carriera di professore, e contemporaneamente soddisfò i suoi interessi artistici che gli permettevano di esprimere le sue emozioni e di comprendere il mondo come non gli sembrava possibile in nessun altro modo.
Presto fu chiaro che nella sua mente non vi era posto per una concezione dualistica tra scienza e arte. Di conseguenza immaginò e attuò un mondo in cui la scienza tornava ad accettare la natura umana nella sua interezza, in cui le emozioni potevano promuovere la crescita cognitiva e il cambiamento vantaggioso. Si limitò, per così dire, a darne dimostrazione raggiungendo il riconoscimento più alto a cui possa aspirare uno scienziato proprio all’inizio del decennio del pensiero positivo.
Dalla vita di Hoffmann emerge in maniera evidente il concetto secondo cui gli esseri umani sono integrati e non frammentati, complessi e non complicati. Hoffmann, con la sua esistenza pervasa da esperienze ed esperimenti, era e rimane convinto sostenitore della necessità per ogni uomo di essere parte centrale e attiva della propria vita. Non poté quindi fare a meno di comunicarlo a tutti, scienziati e non. Così il pubblico doveva poter decidere sui problemi di ordine scientifico e tecnologico, poggiando su una base di consapevolezza e di cultura appropriata. Fu il punto di partenza per una costante, ricca e variegata attività di divulgazione scientifica per il grande pubblico, in virtù della quale Hoffmann divenne ben presto uno scienziato capace di parlare alla gente.
Significativo, quindi, è che nel 1990 compaia come ospite fisso nella serie televisiva americana World of Chemistry contribuendo a realizzare un programma di educazione scientifica arricchito dagli aspetti “umanistici” della chimica. Ancora oggi Hoffmann gioca con il pubblico e lo invita a divertirsi con la chimica ogni prima domenica del mese al Cornelia Street Café di New York nell’ambito dello show Entertaining Science. Una serata di cabaret con tanto di musica, talenti del ballo e attori in cui si insegna la scienza, in cui la scienza appare umana, vivace e divertente.
È autore di numerosi libri e articoli su periodici appositamente rivolti al grande pubblico, tra cui American Scientist. Questi, insieme a poesie (tante), e addirittura opere teatrali (O2 Oxygen, scritta a quattro mani con il chimico Carl Djerassi, Should’ve e Something that belongs to you), procedono di pari passo con la vasta produzione scientifica del chimico che ha vinto il Nobel scoprendo che le due parti della vita non si escludono mai. Al contrario esse si complementano come in una reazione in cui la “simmetria” dei reagenti permette di ottenere con dispendio di minori quantità di energia un prodotto finale altamente prevedibile.
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