Russia in lutto per la morte del Premio Nobel Zhores Alferov
Scomparso a 88 anni Zhores Alferov, premio Nobel nel 2000 per le sue ricerche sulle eterostrutture di semiconduttori. Il ricordo del mondo scientifico (e non solo)
Da un capo all’altro del pianeta, sono stati espressi unanimi giudizi sulla figura di Zhores I. Alferov, Premio Nobel per la Fisica nel 2000 (insieme agli americani Herbert Kroemer e Jack S.Killy), scomparso il 1 marzo scorso a 88 anni in un ospedale di San Pietroburgo. Un gigante della scienza, che con le sue scoperte ha offerto un contributo essenziale allo sviluppo delle conoscenze tecnologiche nel ventunesimo secolo.
Valutazioni convergenti nel riconoscere il fondamentale valore delle sue ricerche sulle eterostrutture di semiconduttori: la base scientifica da cui sono derivati laser, led, cellule solari, dvd e cellulari, ma anche altre importanti ricadute nell’elettronica ad alta velocità e nell’optoelettronica.
Innovazioni che hanno contribuito a cambiare profondamente la nostra vita. Le sue caratteristiche organizzative. I suoi modelli culturali. Quel “fondamentale lavoro nella tecnologia dell’informazione e della comunicazione”, in altre parole, di cui Alferov è stato indiscusso protagonista e che l’Accademia reale svedese delle scienze ha ritenuto meritevole del Premio Nobel.
Ma la scomparsa di Alferov non ha colpito solo la scienza. Non per caso, infatti, a dare la notizia della sua morte, attraverso l’agenzia di informazione ufficiale russa Tass, è stato il leader del partito comunista Gennady Zyuganov. Non un intervento di facciata, il suo, un’algida commemorazione, come altre volte è accaduto nella storia sovietica.
Zyuganov, al contrario, ha tracciato un orgoglioso profilo della vita di Alferov. A partire dai primi passi, mossi a Vitebsk, dove era nato il 15 marzo 1930, fino alle diverse esperienze attraverso cui si è dispiegata la sua azione: al servizio della scienza, senza dubbio, ma anche degli interessi collettivi che era stato chiamato a rappresentare in parlamento.
Da un lato, dunque, le prime ricerche al “Ioffe Institut” di Leningrado (San Pietroburgo) e il contributo alla costruzione della bomba a idrogeno e della flotta nucleare sottomarina sovietiche, fino al ruolo svolto nell’Accademia delle Scienze; dall’altro, il suo impegno politico, prima come membro del Soviet supremo dell’Urss, poi, intorno alla metà degli anni Novanta, come deputato del partito comunista nella Duma, l’assemblea legislativa russa.
Un doppio piano operativo (in larga parte condizionato dalle tensioni della “Guerra Fredda“) che consente di comprendere meglio, anche sul piano storico, la formazione culturale e la peculiare personalità di Alferov. Aperto, naturalmente, al confronto e incline alla collaborazione scientifica (specie con i colleghi americani). Pronto finanche a chiedere aiuto al Pentagono, quando negli anni Novanta i contributi statali per la scienza erano stati drasticamente ridotti e il destino dello “Ioffe Institut” sembrava irrimediabilmente segnato; ma contrario ai tentativi di riformare il sistema economico e istituzionale della Russia post sovietica.
Quasi a voler confermare il valore della pedagogia comunista alla cui fonte si era abbeverato prima nell’ambiente familiare (il padre lo chiamò Zhores in ricordo del leader socialista francese Jean Jaurès, mentre agli altri due figli diede i nomi di Marx e Karl Marx), poi nella severa quotidianità degli anni giovanili fino al conseguimento della laurea all’Istituto Elettrotecnico “Lenin” di Leningrado.
Non a caso, incontrando i giornalisti, o in occasione di eventi culturali in cui era scontato il riferimento al Premio Nobel ricevuto nel 2000, Alferov amava ricordare di essere stato insignito anche del Premio Lenin (1972), del Premio di Stato dell’Urss (1984), del Premio Ioffe (1996) e del Premio Demidoff (1999).
Come a dire che le sue radici, i suoi valori, erano quelli di sempre. E che nulla al mondo, neanche il Premio Nobel, gli avrebbe fatto mai cambiare idea.
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