Tutte le gaffe dei premi Nobel
Nemmeno i premi Nobel sfuggono alle figuracce. E il successo mediatico ne amplifica sicuramente gli effetti
Wisława Szymborska, premiata nel 1996 per la sue poesie, ha iniziato subito, proprio durante la cena seguita all’assegnazione del premio. È stata beccata a fumare di nascosto insieme al Re Carlo Gustavo di Svezia, vicino al quale era seduta. Immortalati in una foto, questa venne poi fatta sparire per evitare scompiglio tra i sudditi. Qualche tempo dopo la poetessa soggiornò nello stesso albergo bolognese della coppia reale svedese, ma, invitata per ben due volte dall’ufficio stampa a incontrare i sovrani (felicissimi di poterla salutare, soprattutto lui), si nascose prima dietro una tazza di caffè e poi in mezzo alla folla della piazza antistante l’albergo.
Luc Montagnier, premio Nobel nel 2008 per aver isolato il virus dell’AIDS, è stato protagonista di svariate figuracce. Cominciando da un’intervista alle Iene (programma in onda su Italia Uno), nella quale affermò che l’AIDS può trasmettersi anche attraverso un bacio.
Nel 2010, intervistato da Science, si disse a favore delle cure omeopatiche (i cui presunti effetti positivi sarebbero stati confermati da alcuni suoi studi di quegli anni). Addirittura definì Jacques Benveniste, lo scienziato francese che nel 1988 pubblicò su Nature un articolo a favore dell’omeopatia rivelatosi poi una truffa, come un «moderno Galileo».
Sempre Montagnier, nel 2012, venne diffidato da altri 35 premi Nobel, guidati da Richard Roberts, che ne chiesero la rimozione da direttore del Centro di ricerca sull’AIDS “Chantal Biya” di Yaoundé, in Camerun, per evitare danni al sistema sanitario del territorio. Le sue teorie erano infatti lontanissime dalla ricerca scientifica: l’acqua avrebbe memoria degli agenti patogeni non più presenti in essa, le onde elettromagnetiche emesse dalle sequenze del DNA sarebbero utili per la diagnosi delle malattie, l’AIDS sarebbe curabile con vitamine e integratori alimentari, l’autismo potrebbe essere trattato con gli antibiotici.
Da ultimo, sulle pagine del quotidiano Il Giornale, allertò l’Italia su un possibile rischio di contagio di Ebola. Visti i «tanti sbarchi dall’Africa», affermò (erroneamente) che «il virus si trasmette velocemente, anche attraverso il solo contatto con la pelle».
Montagnier non è stato l’unico a essersi lasciato andare a dichiarazioni scientifiche poco ortodosse: per il premio Nobel Linus Pauling la vitamina C curerebbe il cancro, mentre Kary Mullis, premiato nel 1993, ha negato il ruolo del virus HIV nell’AIDS. Quest’ultimo si è sempre distinto per l’eccentricità: esperto surfista e possibilista rispetto alla parapsicologia, ha descritto un incontro con esseri alieni. Nel suo libro Ballando nudi nel campo della mente ha rivelato:
Credo che nel nostro cervello ci sia un luogo riservato alla tristezza per le storie d’amore finite, che cresce e si sviluppa con il passare degli anni, costringendoci alla fine a farci piacere, contro la nostra volontà, la musica country.
C’è anche chi le figuracce le ha costruite per riportare il proprio nome alla ribalta del circo mediatico (e scientifico), ottenendo però l’effetto contrario. James Dewey Watson, premio Nobel nel 1962 per aver scoperto la struttura molecolare del DNA, in un’ intervista rilasciata al quotidiano inglese Indipendent nel 2007 dichiarò che «i neri africani sono meno intelligenti dei bianchi occidentali», e sostenne l’inferiorità delle donne nell’ambito della ricerca scientifica.
A casa nostra, invece, Dario Fo, premio Nobel per la letteratura nel 1997, ha scagliato più volte battute ironiche contro i politici.
Brunetta che giura da ministro? La prima cosa che faccio è cercare un seggiolino per poterlo mettere a livello, all’altezza della situazione… Oppure meglio una scaletta, così se la regola da sé.
Così ai microfoni del programma La Zanzara su Radio 24. Incalzato sull’onorevole Schifani, Dario Fo ha proseguito con la satira:
Il cognome è onomatopeico, dentro il suo nome c’è già tutto, il rifiuto e il senso di angoscia e di repulsione per queste persone. Con questi al governo mi hanno copiato delle scene intere del Mistero Buffo.
Nel 2012, invece, l’Europa dimenticò l’Italia nel video celebrativo per l’assegnazione del premio Nobel al vecchio continente: nei sei minuti di montato mancava infatti qualsiasi riferimento al nostro paese quale membro fondatore dell’Unione Europea. Solo in seguito alle proteste della diplomazia italiana vennero le scuse formali per la gaffe e l’aggiunta di Alcide De Gasperi al fianco di Winston Churchill, Robert Schuman e Konrad Adenauer.
Sempre a proposito di storia, il Nobel e presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha parlato di «campi di sterminio polacchi» durante la premiazione, a Washington, di un importante personaggio della resistenza polacca. Peccato che la Polonia abbia subito l’occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale, sopportando la costruzione dei lager nazisti sul proprio territorio.
Anche alcuni personaggi della scena internazionale hanno commesso figuracce ai danni di premi Nobel.
Naomi Campbell, congratulandosi su twitter con Malala Yousafzai per il premio ricevuto nel 2014, ha cinguettato: «Congratulazioni Malaria per il premio Nobel per la pace». La Campbell stava infatti utilizzando lo smartphone di Kate Moss, che automaticamente ha corretto Malala con “Malaria”. Non ha mai preso un Nobel, ma anche il nostro Massimo Gramellini, vicedirettore del quotidiano La Stampa, ha dato per spacciata la giovane Nobel. Durante la trasmissione Dimartedì (in onda su La7) ha infatti dichiarato: «I miei personaggi dell’anno? Sicuramente Renzi, perché ha preso il potere, e Malala, la ragazza uccisa perché andava a scuola».
Anche il tennista Rafael Nadal, cinguettando su Twitter nel giugno 2013, espresse le proprie condoglianze per la morte di Nelson Mandela, mentre il novantaquattrenne premio Nobel era stato semplicemente ricoverato in ospedale per un’infezione polmonare. Il giorno delle dimissioni di Mandela, George Bush diffuse addirittura un comunicato di condoglianze, non sapendo che il tweet diffuso negli Stati Uniti dal Washington Post non aveva alcun fondamento. «Barbara e io siamo addolorati dalla morte di uno dei più grandi sostenitori della libertà che abbiamo mai avuto il privilegio di conoscere».
Che esista davvero una sindrome da premio Nobel?
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