Perché unire premi Nobel e NFT?
I ricercatori di Berkeley, una delle più importanti università della California, hanno trovato un nuovo modo per raccogliere fondi da destinare alle proprie ricerche: unire premi Nobel e NFT
Mettere insieme NFT, una specie di “firme digitali” univoche che certificano l’unicità di un prodotto digitale, e premi Nobel potrebbe sembrare impossibile, ma Michael Alvarez Cohen, direttore dello sviluppo innovativo presso l’ufficio della proprietà intellettuale alla Berkeley, è riuscito a formare questo connubio: digitalizzare gli appunti della scoperta che ha regalato il premio Nobel a James P. Allison. “È un misto tra un taccuino di laboratorio e un’opera d’arte”: così Cohen ha descritto la sua opera, un singolo disegno nel quale sono rappresentati 10 fogli di appunti di Allison.
Anche Richard K. Lyons, direttore responsabile per l’innovazione e l’imprenditorialità della Berkeley, è entusiasta di questa nuova idea che potrebbe portare molti fondi destinabili alla ricerca, date le cifre folli che si raggiungono nel mercato degli NFT. Inoltre è molto fiducioso sul futuro di queste loro realizzazioni, infatti ha paragonato le opere della Berkeley alle collezioni di figurine del baseball, dicendo: “immaginate che qualcuno voglia collezionare gli NFT delle 10 scoperte più importanti della storia”.
Facciamo un passo indietro. Dell’acronimo di Non-fungible token (tradotto: token non fungibili) ultimamente se ne sente molto parlare, principalmente per il giro d’affari che ha creato. Ma cosa sono gli NFT? Come dice il nome stesso, sono dei token crittografati associati a un contenuto multimediale che, una volta acquistato, se ne certifica l’autenticità e la proprietà mediante una blockchain, una specie di “registro digitale”. Per comprenderne meglio il significato, bisogna focalizzarci sulla parola fungibile e sul suo contrario. Un bene fungibile è un’unità scambiabile con un’altra del medesimo valore, come può essere una banconota da 5 euro. Al contrario un bene infungibile ha una sua specifica individualità economica e non si può sostituire con un altro. Per questo motivo un token non fungibile è unico nel suo genere, non interscambiabile e insostituibile.
Qualsiasi tipo di contenuto multimediale può essere registrato e venduto come NFT. Jack Dorsey, fondatore e CEO di Twitter, ha messo in vendita il suo primo tweet per 2.9 milioni di dollari, Elon Musk ha messo in vendita una sua traccia techno, Mike Winkelmann, artista digitale noto con il nome d’arte di Beeple, ha creato un collage di 5000 suoi quadri, battuto all’asta per 69 milioni di dollari da Christie’s, la più importante casa d’aste al mondo.
69 milioni di dollari per un file jpeg hanno fatto gola in California, e alla Berkeley si sono organizzati per la vendita della loro prima opera NFT. Fiduciosi che gli offerenti fossero affascinati da come Allison sia arrivato a scoprire come far regredire i tumori, l’opera è stata messa in vendita il 2 giugno usando Fundation, un mercato di aste online di NFT che utilizza Ethereum, la cripto valuta preferita dai collezionisti di NFT. L’85% dei ricavati andrà a finanziare la ricerca alla Berkeley, mentre la restante parte la tratterrà Fundation. Oltretutto, in caso di futura rivendita, la Berkeley riceverà il 10% della vendita mentre Fundation il 5%.
“Sarei sorpreso”, affermò Lyons prima della vendita, “se fosse venduta per meno di 100 mila dollari!”. Purtroppo per lui le sue aspettative non sono state ripagate e il loro primo NFT è stato venduto per “soli” 42 mila dollari. Tuttavia sono già pronti per il loro secondo NFT: questa volta sarà il turno della scoperta di Jennifer A. Doudna, premio Nobel per la chimica nel 2020.
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