Vaccinazione contro il Covid-19: revoca dei brevetti per una campagna globale
La rinuncia alla protezione brevettuale potrebbe rendere l’accesso ai vaccini più equo per i paesi in via di sviluppo. Gli esperti europei del Forum Igm spiegano come
“Il problema è la ‘Democrazia’, la ‘Lotta’ contro la ‘Povertà’, il problema sono tutte queste ‘maiuscole’, queste idee vuote che volano alte ma, non appena vengono sfiorate da un lembo di realtà, miseramente precipitano. Bisogna dunque tornare alle cose, senza porsi obiettivi velleitari”.
Queste le parole di Esther Duflo, economista francese che, insieme a Abhijit Banerjee, suo marito, e Michael Kremer, è stata insignita del premio Nobel per l’economia nel 2019.
Duflo è la direttrice del Poverty Action Lab del Mit (Massachusetts Institute of Technology) ed è ritenuta una delle persone più influenti per il proprio pensiero economico. È inoltre la seconda donna ad aver ricevuto il Nobel per l’economia, nonché la persona più giovane a cui sia stato attribuito tale premio. Insomma, non proprio l’ultima arrivata.
L’economista ha portato l’attenzione mondiale sulla necessità di ideare una nuova strategia per sconfiggere la povertà, e nello specifico si è concentrata sul problema più attuale: la vaccinazione contro il Covid-19. La sua idea consiste infatti nella revoca dei brevetti sui vaccini per garantirne la distribuzione anche ai paesi più poveri.
La soluzione dovrebbe essere rappresentata da Covax, una collaborazione globale innovativa che coinvolge anche i paesi più poveri, volta ad accelerare la produzione e l’accesso equo a test diagnostici, terapie e vaccini contro il Covid-19. L’obiettivo è molto chiaro: rendere disponibili due miliardi di dosi di vaccini ai paesi partecipanti entro la fine del 2021, incluse 1,3 miliardi di dosi per le economie a basso reddito.
Molti paesi, India e Sudafrica in testa, hanno chiesto all’Omc (Organizzazione Mondiale del Commercio) la revoca dei brevetti, principalmente detenuti da laboratori americani, che però si sono dichiarati contrari poiché la revoca potrebbe privarli di un ritorno su costosi investimenti.
Le parole di Joe Biden preannunciano una svolta: l’amministrazione Usa è favorevole alla revoca di alcune protezioni sui vaccini per poterne espandere la produzione e la distribuzione anche ai paesi in via di sviluppo, e si impegna nei negoziati in corso al Wto (World Trade Organization).
“Si tratta di una crisi sanitaria mondiale e le circostanze straordinarie della pandemia invocano misure straordinarie”, afferma Katherine Tai, rappresentante Usa per il commercio.
“L’Europa è pronta a discutere la proposta degli Stati Uniti per una deroga alla protezione della proprietà intellettuale per i vaccini anti Covid-19, ma chiede a tutti i Paesi produttori di vaccini di consentire l’esportazione e di evitare misure che interrompano le catene di approvvigionamento”, ha aggiunto Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. Sono 90 i paesi a ricevere le esportazioni dall’Europa, considerata dalla stessa von der Leyen una “farmacia globale”.
Il libero accesso ai brevetti sui vaccini rappresenta dunque un concreto passo avanti per tutti.
Si è discusso proprio di questo al Forum Igm (Initiative on Global Markets), che ospita gruppi di esperti economici statunitensi ed europei, durante il quale sono stati dipinti due scenari in merito alla sfida della vaccinazione globale.
Il primo vede i paesi ricchi pagare il prezzo pieno dei vaccini per distribuirli gratuitamente ai paesi in via di sviluppo, il secondo prevede che i paesi ricchi paghino 12 miliardi di dosi di vaccini a prezzi prevalenti e che li forniscano gratuitamente al resto del mondo.
Nel primo caso le aziende potrebbero velocizzare di molto la produzione dei vaccini, non senza un aumento dei costi però. Secondo quanto emerso dal Forum, la rinuncia alla protezione brevettuale migliorerebbe da un lato la disponibilità dei vaccini nei paesi in via di sviluppo, ma dall’altro avrebbe impatti negativi sugli sforzi di sviluppo di un vaccino per eventuali future varianti di Sars-Cov-2.
Il secondo scenario ha prodotto più consensi, perché una forte maggioranza (89% dei partecipanti al panel) considera i vantaggi superiori ai costi.
I paesi ricchi dovrebbero pagare sia per interesse personale che per altruismo: “Il costo dei vaccini è una quantità relativamente piccola rispetto alle perdite associate alla pandemia e alle potenziali perdite future”, ha affermato l’esperto Franklin Allen.
Il nazionalismo americano dei vaccini sta portando morti inutili all’estero. Secondo Kristalina Georgieva, amministratore delegato dell’Imf (International Monetary Fund), l’investimento nelle vaccinazioni globali potrebbe essere il più alto ritorno sull’investimento pubblico nella storia moderna. L’obiettivo è vaccinare almeno il 40% della popolazione mondiale entro la fine di quest’anno e almeno il 60% entro la prima metà del 2022.
“La crisi dei vaccini in corso è una scandalosa iniquità che sta perpetuando la pandemia. Più del 75% di tutti i vaccini è stato somministrato in soli 10 paesi”, ha osservato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms.
In paesi come Zambia, Sudan e Tagikistan solo l’1% della popolazione ha ricevuto una dose di vaccino.
Seth Berkley, amministratore delegato di Gavi, la Vaccine Alliance, partner di Covax, ha riassunto il tutto con: “Sappiamo come porre fine a questa pandemia. Sarebbe quasi criminale non darci l’opportunità di portare a termine la nostra missione”.
Immagine in evidenza: Google Immagini Creative Commons
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