Valeria Ferrari: “figlia di Minerva”

Valeria Ferrari: “figlia di Minerva”

Valeria Ferrari, una vita dedicata alla fisica. Fra buchi neri, onde gravitazionali e collaborazioni con premi Nobel, il ritratto di una scienziata da record
di Tommaso Nicolò

Ripercorrere la vita di uno scienziato, tracciarne il profilo, è spesso un lavoro tutt’altro che semplice. Aneddoti, bizzarrie e vite stravaganti fanno gola allo scrittore, che le ricama, trasformando lo scienziato in mito. Si rischia però, di commettere un’ingiustizia “intellettuale”, ovvero concentrarsi sull’esistenza privata dell’uomo, che invece dovrebbe fare da mera cornice ai successi scientifici dello studioso.  Pertanto, cercheremo di capire chi è Valeria Ferrari, spostando “l’occhio della macchina da presa” lungo il suo iter scientifico.

Classe 1952, nata a Monterotondo, Roma, Valeria Ferrari, finiti gli studi superiori, “approda” a Sapienza, dove, nel 1976, si laureerà a pieni voti in fisica, sotto la guida di Giovanni Vittorio Pallottino, con una tesi sulle onde gravitazionali: un fenomeno di perturbazione dello spazio-tempo, previsto dalla relatività generale di Albert Einstein, che si innesca a seguito di eventi cataclismici e violenti nell’Universo. Sin da subito, Ferrari mostra uno spiccato interesse per i molteplici aspetti che caratterizzano la teoria della gravità, continuando a studiare le onde gravitazionali. Divenuta ricercatrice dell’Istituto Plasma Spazio del Congresso nazionale delle ricerche (Cnr), nel 1977, appena un anno dopo dalla laurea, inizia a lavorare sui dati dell’esperimento gravitazionale a barre di risonanza, il cui ambizioso obiettivo era quello di rilevare per la prima volta le onde gravitazionali. Il 1983 è l’inizio di un periodo fecondo e “fortunato” per la giovane ricercatrice, che, in occasione di un congresso sulla relatività generale tenutosi a Padova, presentò una relazione sui buchi neri. La voce della giovane ricercatrice quasi si dissolveva fra la folla di luminari della fisica, il suo lavoro, tuttavia, carpì l’attenzione di un uomo il cui aspetto era tanto mite, quanto in fermento ne era la mente: il premio Nobel per la fisica Subrahmanyan Chandrasekhar.

SubrahmanyanChandrasekhar

Celebre per aver scoperto il limite di massa oltre il quale una nana bianca collassa in una stella di neutroni, lo scienziato indiano, colpito dal lavoro della Ferrari, le propose di collaborare con lui. Fu l’inizio di un sodalizio che sarebbe durato oltre un decennio, fino al 1995, anno della scomparsa del premio Nobel. Ferrari, in diverse interviste, ha sempre descritto il suo periodo con “Chandra”, così suole chiamarlo, come un tempo di crescita e arricchimento umano e scientifico, durante il quale, a colpi di fax e viaggi fra Roma e Chicago, ebbero genesi nuove interessanti teorie sulla relazione tra perturbazione stellare e le onde gravitazionali, racchiuse in undici paper scientifici. Alla scomparsa di Chandrasekhar, il lavoro di Ferrari non ha subito battute di arresto, anzi, forte del bagaglio di risorse accumulate in quegli anni, la scienziata ha continuato a coltivare le proprie ricerche con la dedizione e la passione appresa da Chandrasekhar. I suoi numerosi successi in ambito accademico le sono valsi molteplici ruoli di rilievo, come quello di coordinatrice di diversi progetti internazionali e del Forum scientifico VirgoEgo ed ancora, ma non solo, quello di Editor per svariate riviste a carattere scientifico di fama internazionale. Nel 2000 l’insieme dei successi accademici e lavorativi, commisurati alla caparbietà che da sempre la contraddistinguono, l’hanno portata a ricevere la cattedra di Fisica Teorica a Sapienza Università di Roma, facendone la prima donna a raggiungere questo traguardo.

Immagine in evidenza: Valeria Ferrari da Infn