Vittorio Lingiardi, lo scienziato al centro delle emozioni
Per Vittorio Lingiardi, psichiatra, psicoanalista e professore ordinario di Psicologia dinamica di Sapienza Università di Roma, la psicoanalisi è prima di tutto un metodo di cura, che ha il suo cardine nella relazione terapeutica
Colmare lo scarto che si crea tra clinica pratica e teoria, con le diverse scuole di pensiero da intendere come strumenti, per comprendere a pieno il proprio compito clinico nel campo relazionale, e non più sterili devozioni e ideologie che limitano la pratica psicoanalitica. È questo il compito che da sempre si propone Vittorio Lingiardi, professore in Sapienza da più di vent’anni durante i quali ha ricoperto diversi incarichi istituzionali: direttore della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica della Facoltà di Medicina e Psicologia di Sapienza (2006-2013), membro della Commissione per la valutazione dell’idoneità delle Scuole di formazione in psicoterapia al MIUR (2013-2016) nonché membro della Commissione per l’Abilitazione Scientifica Nazionale (2018-2021).
I temi intorno al quale Lingiardi ha sviluppato la sua carriera di ricercatore, prima ancora che docente e psicoanalista, vertono principalmente intorno al cosiddetto assessment diagnostico, termine con il quale si intende la valutazione globale e differenziale del paziente, nell’unicità e complessità psicologica che lo caratterizza, considerando anche le sue risorse e i suoi limiti. A questo si lega l’interesse di Lingiardi per il trattamento dei disturbi di personalità, i meccanismi di difesa e l’alleanza terapeutica.
Diversi sono i riconoscimenti ottenuti, così come le pubblicazioni a suo nome. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo Mindscapes. Psiche nel paesaggio (Cortina, 2017), con il quale ha ottenuto il premio “Viareggio-Giuria”. Diagnosi e Destino (Einaudi, 2018) e Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo (Einaudi, 2021). Tra i riconoscimenti occorre invece ricordare il Premio Cesare Musatti della Società Psicoanalitica Italiana (2018) e il Research Award della Society for Psychoanalysis dell’American Psychological Association (2020).
In linea con i suoi interessi clinici e scientifici, recentemente Lingiardi ha condotto un evento promosso da Sapienza presso l’Ospedale Sant’Andrea dal titolo “Toccata senza fuga per emozioni condivise”. Ospiti dell’iniziativa, introdotta dalla Magnifica Rettrice e dal Preside della Facoltà di Medicina e Psicologia, sono stati lo scultore Felice Tagliaferri, la cantante e pianista Frida Magoni Bollani e il poeta Valerio Magrelli: ciascuno con la sua musa, ci hanno ricordato il valore del contatto in ogni relazione di cura.
In che modo il valore delle emozioni contribuisce alla pratica terapeutica?
Le emozioni sono il modo in cui siamo connessi alla vita e “sentiamo” la relazione con gli altri. In questo difficile momento pandemico, la nostra tenuta emotiva è stata messa a dura prova dall’incertezza, dalla distanza e dalla paura. Questo ci ricorda l’importanza di mentalizzare le emozioni, ovvero di riconoscerle e di “tenerle a mente”, le nostre e quelle degli altri, riuscendo nel difficile compito di conciliare consapevolezza e spontaneità. L’incontro promosso all’Ospedale Sant’Andrea voleva celebrare l’importanza della condivisione emotiva, la capacità di mettere in relazione i nostri diversi mondi emotivi. Condivisione che avviene nell’incontro psicoterapeutico e, diversamente, nella relazione medico-paziente.
Qual è l’apporto che musica, poesia e arte forniscono alla cura della persona umana?
Nell’espressione artistica l’esperienza estetica e emotiva di una persona, l’artista, diventa di tutti, del pubblico. Così si compie il passaggio da un livello individuale di emozione ad uno collettivo. Emozionarsi insieme per una musica o per il verso di una poesia significa creare una comunità capace di riconoscere le proprie emozioni e condividerle. L’evento che si è tenuto in Sapienza ha anche mostrato la bellezza e l’importanza dell’incontro e del dialogo tra culture tra loro differenti, in questo caso scienze mediche e produzioni artistiche. Ci ha ricordato che, nella clinica medica, la componente tecnica, fondamentale, non può dimenticare quella relazionale ed emotiva. Che ogni atto medico è contemporaneamente scientifico e interpersonale.
La pandemia ci ha tolto la possibilità di entrare in contatto con gli altri. Quali possono essere le ripercussioni psicologiche?
In questo tempo pandemico abbiamo assistito al ribaltamento di un’attitudine affettiva e cognitiva, con la quale abbiamo sempre convissuto; esprimere la cura e l’attenzione per l’altro attraverso il contatto e la vicinanza fisica. Il paradosso pandemico vuole che per proteggere l’altro (e noi stessi) dovremmo isolarci, stare lontani. L’abbraccio non più come conforto ma come pericolo. Inoltre, la riduzione della comunicazione non verbale, causa mascherine, ha aumentato il senso di spaesamento. Entrambe queste condizioni, distanziamento e mascheramento, hanno avuto inevitabili ricadute sul piano psicologico. Vorrei anche dire che la pandemia ha accentuato quel processo, già in atto, della virtualizzazione e della rinuncia del corpo nelle relazioni (e-learning, smart working, social network). Allo stesso tempo ha mostrato anche la difficoltà di pensare di poter vivere facendo a meno dei corpi, insegnandoci la loro fragilità e l’importanza di prendersene cura.
Fonte immagine: Wikimedia Commons
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