Vuoi un Nobel? La creatività conta più della precisione
Molti premi Nobel hanno sviluppato la loro originalità coltivando interessi al di fuori della professione
Non basta essere un bambino prodigio per arrivare al premio Nobel. A sostenerlo, in un articolo apparso sul New York Times lo scorso 30 gennaio, è Adam Grant, professore di psicologia all’Università della Pennsylvania. Grant prende in considerazione alcune statistiche relative al Westinghouse Science Talent Search, un concorso di eccellenza americano che premia i migliori progetti di ricerca scientifici presentati da giovani studenti. Dei duemila premiati tra il 1942 e il 1994, soltanto il due per cento è poi entrato a far parte dell’Accademia Nazionale delle Scienze, mentre dodici di essi hanno ottenuto un premio Nobel. Numeri non entusiasmanti, secondo lo psicologo americano. Grant cita poi altre ricerche secondo cui gli enfants prodige mettono a frutto raramente, da adulti, le loro eccezionali potenzialità.
Il problema, sempre secondo Grant, è di tipo educativo. Genitori e insegnanti di questi bambini, infatti, tipicamente puntano solo a perfezionarne il talento, finendo per ingabbiarli in schemi prefissati e senza lasciare spazio alla loro creatività. Così, ad esempio, se un bambino di 6 anni è capace di eseguire alla perfezione una sonata di Mozart, si tenderà a fargli imparare altre sinfonie note, ma molto difficilmente verrà stimolato a comporre lui stesso musiche originali. La conseguenza è che la maggior parte dei bambini prodigio non acquisisce mai quelle capacità creative che sono alla base di una qualunque intuizione di successo, sia in campo artistico che scientifico.
E i Nobel? Anche qui i numeri parlano chiaro. Statisticamente i premiati di Stoccolma, più che per essere stati bimbi geniali, si distinguono per avere molti interessi al di là dello specifico campo di competenza. In particolare, rispetto ai non premiati, i Nobel sono ventidue volte più predisposti a esibirsi come attori o ballerini, dodici volte più inclini a scrivere poesie o romanzi, e due volte più predisposti a suonare uno strumento musicale. E, particolare di grande importanza, non risulta che qualcuno di loro sia mai stato obbligato a coltivare questi hobbies: è semplicemente un riflesso della loro straordinaria curiosità, che in questo caso è stata stimolata nel modo giusto da genitori e educatori.
È ben nota, ad esempio, la passione di Albert Einstein per la musica. Fin da piccolo prese lezioni di violino, ma la vera scintilla scoccò durante l’adolescenza, quando si innamorò delle sonate di Mozart. E non mancava di ricordare che se non avesse fatto il fisico, molto probabilmente sarebbe diventato un musicista.
Rosalyn Yalow, Nobel per la Medicina nel 1977, era invece una lettrice precoce. Iniziò a leggere prima dell’asilo, quando ogni settimana il fratello Alexander le forniva nuovi libri da divorare. E come lei, molti altri Nobel sono stati stimolati da letture influenti in tenera età.
Dario Fo non ha invece mai nascosto la sua grande passione per la pittura, tanto da farne una sorta di professione parallela a quella di attore e drammaturgo.
E in una recente conferenza pubblica, il Nobel per la chimica Richard R. Ernst, nel rivelare un’imprevedibile passione per l’arte pittorica tibetana, ha forse lanciato il messaggio più eloquente sul tema: «Cercate sempre di abbinare ai vostri interessi professionali una passione che non abbia nulla a che vedere con il vostro lavoro. Questo renderà la vostra vita migliore».
Credits immagine in evidenza: Flickr via Creative Commons cc
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